Come altri di voi amici bloggers, e non solo, anche il Rompiblog se ne va beatamente in ferie per un paio di settimane. Ma non preoccupatevi perché dal primo settembre si ritorna di fronte al pc con nuove idee e diavolerie che mi stanno già balenando in testa. Che dire... oltre ad augurare un buon Ferragosto con effetto retroattivo visto che è già passato, vi auguro un buon finale d’estate e... A SETTEMBRE!!!!!!!!!!!


Infine permettetemi un piccolo ringraziamento a tutti voi. Da gennaio fino ad oggi, infatti, Il Rompiblog ha raggiunto e superato le 5.000 visite complessive. Per la precisione siamo intorno a 5.300. Quando ho aperto questo blog non ci avrei mai pensato nemmeno lontanamente.


Grazie a voi il blog è passato a quota 224.592 su Technorati dopo essere stato tipo al miliardesimo posto... Su BlogItalia si è passati da 22.000esimo posto circa al 1.377°.


GRAZIE A TUTTI VOI LETTORI E COMMENTATORI!!!!!!!!!!



Missione compiuta. Sabato nel tardo pomeriggio Simone Massera
(a destra nella foto) e Luca Di Ciaccio (a sinistra), meglio conosciuti come gli Appiedati, sono arrivati a San Benedetto del Tronto, meta finale del viaggio intrapreso lo scorso 24 luglio. Massera e Di Ciaccio, il primo di civitavecchia mentre il secondo è di Gaeta, erano partiti dalla Marina con l'obiettivo di raggiungere l'Adriatico a piedi.

Trecentosessantacinque chilometri per un totale di 17 tappe attraverso sentieri più o meno abbandonati e lottando contro il caldo torrido di questi giorni e la fatica. A farne le spese Luca Di Ciaccio, costretto ad abbandonare il viaggio dopo la terza tappa a causa delle vesciche ma poi prontamente tornato in marcia nelle ultime tappe.


Un percorso che Massera ha percorso per intero insieme a compagni di viaggio che cambiavano in continuazione. Un'impresa singolare che i due hanno portato a termine e che stanno raccontando sul blog appiedati.blogspot.com.
Trascorriamo giorni, domeniche intere, all’interno del bersagliamento mediatico del calcio. Leggiamo per anni fiumi e fiumi di pagine su calciatori impomatati, bloccati da una vescica sul mignolo sinistro rimediata ballando in discoteche in compagnia di veline.


Poi, una volta ogni quattro anni, ci ricordiamo di avere oltre al calcio decine di altri sport e di campioni che nel loro campo sbaragliano la concorrenza. Siamo fatti così seguiamo gli sport dove si vince a fatica e ce ne freghiamo di chi campione lo è davvero.



Allora ecco i volti delle sei (speriamo solo fino ad ora) medaglie d’oro italiane alle Olimpiadi di Pechino.


Andrea Minguzzi - Lotta Greco Romana


Chiara Cainero - Tiro a volo (skeet)


Federica Pellegrini - Nuoto (200 stile libero) e record del mondo




Valentina Vezzali - Scherma (fioretto)






Giulia Quintavalle - Judo







Matteo Tagliarol - Scherma (spada)







ARGENTO






Francesco D’Aniello - Tiro a volo (double trap)
Marco Galiazzo, Ilario Di Buò, Mauro Nespoli - Tiro con l'arco a squadre


Giovanni Pellielo - Tiro a volo (trap)


Davide Rebellin - Ciclismo







BRONZO






Margherita Grambassi - Scherma (fioretto)


Tatiana Guderzo - Ciclismo

Salvatore Sanzo - Scherma (fioretto)








Per vedere la posizione dell’Italia nel medagliere cliccate qui.


Con la faraonica cerimonia d’apertura delle Olimpiadi di Pechino questo pomeriggio (ora italiana si intende) ha finito il suo lungo e tortuoso viaggio e dunque si può godere il meritato riposto. La fiaccola olimpica ha acceso il fuoco più amato da tutti gli sportivi del mondo e nonostante tutto (fuso orario compreso) ha acconsentito a rispondere a qualche domanda.


Fiaccola, stanca?

“Può dillo folte. E’ stata una selata decisamente… accesa”


Soddisfatta?

“Molto, lo stadio ela stlapieno. C’ela tanta gente tutta festosa. E poi adolo infiammale il pubblico”.


Non è stato un periodo tutto rosa e fiori però, vero?

“Schelza?!?! Ma lo ha visto quello che mi è toccato fale? Ne ho passate di tutti i cololi”


Tipo?

“Gente che mi tilava l’acqua addosso, chi mi stlattonava, chi voleva plendelmi a calci, uno mi ha pule sputato!!!!”


Beh, sono rischi che si mettono in conto quando c’è di mezzo un’Olimpiade. Tutti gli occhi sono puntati su di lei e quest’anno sulla Cina…

“Ho capito ma io che c’entlo!? Mica lo cleo io lo smog a Pechino, mica li inflango io i dilitti umani!!!”


Deve ammettere, però, che la Cina non è che abbia fatto tutta questa grande figura a livello internazionale…

“Lo so, mi semblano tutti matti. Pel tutto questo tempo elo scoltata neanche fossi la Legina Elisabetta. Militali di qua, poliziotti di là. E che diamine, un po’ di lispetto! Sono pul semple un simbolo di unione tla i popoli! Mica una tolcia da stadio!”.


Il dibattito è proprio quello lei rappresenta la pace, la Cina un pochino meno. Ha presente il Tibet?

“Gualdi che non sono mica stata accesa ieli, cosa clede? Lo vedo quello che succede pelò se il Cio sceglie la Cina è colpa sua e del mondo politico, mica mia o degli atleti”.


E i boicottaggi?

“Lei sa che anticamente quando allivavano le Olimpiadi le guelle di felmavano? Se vuole pallale di dilitti umani negati in Cina, pelché i capi di govelno hanno aspettato solo ola? Cosa cledono che gli altli giolni sono stati passeggiate di salute? E poi come si fa a chiedele a un atleta, che per quattlo anni pensa solo a quello, di non paltecipale? Lui dovlebbe pagale e combattele battaglie che i politici ignolano. Ma non dovlebbe essele il contlalio????”.


Ok… ok… non si infiammi troppo…

“Scusi… è che sono fatta così. Mi accendo facilmente…”.



Aggiungo, tanto per restare in tema, un'intervista che ho fatto a Giancarlo Peris, tedoforo che accese nel 1960 il fuoco olimpico di Roma. Tiene tra le mani la fiaccola originale, ammetto che quando l'ho toccata ho provato una certa emozione...



Amo leggere. Leggo tanto, anche se su questo blog non parlo di libri quanto vorrei. Anzi, lo faccio poco o nulla. Probabilmente perché non sono un critico letterario, né posso permettermi di addentrarmi in analisi psico-semiotiche di vario genere.


Quando trovo un libro di uno scrittore esordiente che mi stuzzica, però, penso sia carino e giusto segnalarlo.


Il libro di cui vi parlo è “L’inafferrabile Weltanschauung del pesce rosso” scritto da Fabrizio Gabrielli, giovane blogger di Rossopesce (dove potete trovare tutte le notizie riguardanti il libro) e di Monolocale in centro, foodblog condiviso insieme a Chiara. E’ un mio concittadino, ma non è un commento di parte. Di libri di scrittori di Civitavecchia ne ho letti altri e se non ve li ho segnalati non è per questione di tempo…


Non è un romanzo. Si tratta di una raccolta di racconti brevi (genere non molto “di moda” nel nostro paese) che analizzano con sognante lucidità il mondo che ci circonda. Lo stile di scrittura di Gabrielli incarna perfettamente l’andamento di un pesce rosso: guizza da una riga all’altra della pagina in modo vivace, mai noioso e sempre pronto a strappar un sorriso (o una lacrima) al momento opportuno. E dopo tre secondi dimentica tutto, ricominciando una nuova avventura. Eccola la Weltanschauung (in tedesco: visione del mondo) del pesce rosso.


Nel percorso che compie l’autore dimostra una notevole fantasia e capacità nel cambiare registro, non disdegnando “contaminazioni” linguistiche snelle, agevoli, mai pompose o inutili.


Quanto alle storie, beh, quelle le lascio a voi lettori. Mi basta dirvi che avventurandovi nei racconti Gabrielli piangerete per amati abbandonati, vi ritroverete catapultati in atmosfere antiche, assaporerete il gusto di un amore che nasce di fronte ad un gustoso piatto e riderete nell’andare, per esempio, ad un derby di calcio…

Che la demenza in questo paese sia ormai divenuta una virtù, piuttosto che un difetto, è un dato di fatto. Che sia persa totalmente la bussola della decenza, del buon gusto e del senso civico, lo sappiamo da tempo immemore. Siamo terreno fertile per fenomeni da baraccone come quello di cui parlo in questo post.


Il video che vedrete, di cui sono venuto a conoscenza grazie a Teledicoio, mostra una giostra (se così si può definire) che giorni fa faceva bella mostra di sé al Luna Park dell’Idroscalo di Milano. Il succo del divertimento è inserire un euro ed assistere all’esecuzione del manichino sulla sedia elettrica.


Proprio così. Il bello non è solo l’idea beota del giostraio (poi indagato per atti contro la pubblica decenza con il manichino sequestrato) quanto il fatto che il tizio di soldi ne ha fatti a palate, finché ha potuto, con l’accozzaglia di guardoni-beoti che andavano in estasi ad ogni “spettacolo”.


C’erano anche genitori e bambini.




Oggi Radovan Karadzic, il macellaio di Srebrenica e non solo, è stato ascoltato dal tribunale dell’Aja. Un’udienza seguita in mondo visione soprattutto da chi quel personaggio lo ha odiato e lo odia con tutto se stesso. Così voglio riportarvi una storia interessante, quella di Vedran Smailovic, il “violoncellista di Sarajevo”, intervistato dalla Repubblica.


Per chi, invece, non conoscesse nulla del massacro di Srebrenica può cliccare qui.


di STEFANO GIANTIN


BELGRADO - Nel '92 commosse il mondo suonando per mesi nella città martire della guerra di Bosnia. Oggi Vedran Smailovic, il "violoncellista di Sarajevo", vorrebbe festeggiare in musica l' estradizione di Karadzic. Sono passati sedici anni da quel 27 maggio quando una granata lanciata dalle postazioni serbo-bosniache uccise 22 persone in fila il pane. Smailovic, primo violoncellista dell' Orchestra sinfonica cittadina vide tutto dalla finestra, scese in strada e iniziò a suonare l' Adagio di Albinoni sulle macerie dell' esplosione. Continuò a farlo per giorni per onorare le vittime prima e poi andò avanti per mesi cambiando posto perché la gente di Sarajevo non perdesse la speranza. Ora abita da anni in Irlanda del Nord, ma per un caso del destino ha vissuto nella sua città la gioia per l' arresto e l' estradizione del leader serbo-bosniaco.


Karadzic alla sbarra all' Aja. Che cosa ha provato?

«Ho chiamato subito i miei amici. Ci siamo fatti gli auguri l' un l' altro come se fosse Capodanno. Anche per i serbi che conosco l' arresto è stato un gran sollievo. Una festa. Io mi trovavo a Sarajevo per puro caso, sono tornato dopo anni su invito della cantante Joan Baez che desiderava rivedere le persone conosciute nel 1993 durante l' assedio». Che pensa della seconda vita da "guru" dell' ex leader serbo-bosniaco? «Bisogna andare oltre le apparenze, scoprire chi ha organizzato la latitanza e vedere chi gli ha suggerito di camuffarsi in quel modo».


Domani (oggi per chi legge, ndr) Karadzic sarà di fronte ai giudici. Guarderà l' udienza?

«Se lo farò, sarà per caso, come solo per un maledetto caso è entrato nella mia vita quel mostro di Karadzic. Mi auguro che questa volta sia fatta giustizia, non come nel caso di Milosevic o Biljana Plavsic».


A Belgrado i nazionalisti accusano il Tribunale dell' Aja di perseguire solamente cittadini serbi. Cosa ne pensa?

«Io so chi sono le vittime. Sarajevo è stata sotto assedio, non Belgrado, Nis o Novi Sad. E gli stessi ortodossi di Sarajevo hanno sofferto la guerra, allo stesso modo dei cattolici e dei musulmani».


Ha fiducia nel Tribunale?

«Non sono ottimista. Fino a oggi l' opera del Tribunale non è stata efficace. Negli Usa ai serial killer vengono comminati centinaia di anni di carcere. Può sembrare assurdo, ma se non altro si mette nero su bianco che quei criminali meritano secoli di prigione. Le sentenze all' Aja sono invece a sole due cifre, qualche decina di anni dietro le sbarre. Per mostri come Karadzic ci vorrebbero invece sei milioni di anni di carcere».


Pensa che anche Ratko Mladic verrà presto arrestato?

«Mladic è un selvaggio, un mostro molto pericoloso. Sono sicuro che al carcere preferirebbe il suicidio».


Cosa voleva ottenere quando nel 1992 scese in strada a suonare il suo violoncello sfidando i cecchini serbo-bosniaci?

«Non c' era alcunché di programmato, era impossibile pianificare in una zona di guerra. Riuscivo solo a piangere e i miei vicini mi consigliarono di uscire a suonare per le strade di Sarajevo. Iniziai a suonare e solo dopo un po' mi resi conto che stavo intonando l' Adagio di Albinoni. Ho continuato a farlo per mesi, perché la gente mi diceva che se avessi smesso di suonare Sarajevo sarebbe caduta».


Qual è il ricordo più brutto dei giorni dell' assedio?

«La prima granata, il primo incontro con il sangue. Per me la morte è il bianco delle ossa e dei muscoli dei corpi dilaniati dalle bombe».


Ora vive in Irlanda del Nord. Ha mai pensato di tornare a Sarajevo?

«No. Anche i miei amici sono sparsi per il mondo. Io stesso ho trascorso 49 giorni in un lager, ho troppi brutti ricordi. Se Joan Baez non mi avesse invitato, non ci sarei tornato. Non è più la città di una volta». Perché? «La mia Sarajevo non esiste più, sono rimaste solo le case e i palazzi. Le persone che ci vivono sono malate dentro. Basta il suono di una sola granata per cambiarti per sempre la vita e farti perdere la ragione».