Approvare la legge sull´equo compenso al Senato, così come ha già fatto la Camera, ma soprattutto approvarla immediatamente alla ripresa dei lavori della Commissione Lavoro a Palazzo Madama”. E’ l’invito a fare presto, a non indugiare ulteriormente, lanciato all’unanimità da Maurizio Bekar del Coordinamento giornalisti precari e freelance dell’Assostampa Friuli Venezia Giulia e coordinatore della Commissione nazionale lavoro autonomo della Fnsi; da Dario Fidora, Coordinatore della Commissione lavoro autonomo dell’Assostampa Sicilia e membro della Commissiona nazionale lavoro autonomo; da Massimo Marciano del Consiglio di amministrazione dell’Inpgi e consigliere del Comitato amministratore della Gestione separata Inpgi e da Moira Di Mario, responsabile del Coordinamento precari, atipici e freelance dell’Associazione stampa romana. 

“L’iter della legge Moffa alla Commissione Lavoro del Senato pare molto più accidentato di quanto appaia dall´esterno del Palazzo  -  è quanto rilevano Bekar, Fidora, Marciano e Di Mario in un documento - dalla lettura dei resoconti ufficiali della Commissione, pubblicati sul sito del Senato, emergono infatti dubbi, cautele e distinguo da parte di più senatori. Ed anche proposte di emendarla ed “addolcirla”, soprattutto tenendo conto del contesto in cui opera la piccola editoria e quella locale. Appare contraddittorio –proseguono i giornalisti – anche l´atteggiamento del Governo che mentre alla Camera, per bocca del sottosegretario Peluffo, aveva espresso parere favorevole, alla Commissione Lavoro del Senato, invece, è già intervenuto tre volte per porre freni, distinguo e per preannunciare degli emendamenti”.
 
Tutti i senatori sono consci della grave situazione lavorativa in cui versa la maggioranza dei giornalisti freelance, pagati pochi euro, spesso con ritardi anche di un anno e senza alcuna tutela. Per questo Bekar, Fidora, Marciano e Di Mario sollecitano l’approvazione delle legge. “Chiudere la legislatura con questo atto di giustizia nei confronti dei lavoratori precari di un settore vitale per la democrazia come l´informazione – aggiungono i firmatari del documento – sarebbe il modo migliore per dimostrare che questo Parlamento intende congedarsi con un atto di reale innovazione nel settore del lavoro precario, nel rispetto di valori costituzionali di alto profilo quali la libertà dell´informazione e la dignità del lavoratore. Intanto, per quanto ci riguarda, è utile mantenersi costantemente informati sull´iter del disegno di legge e sulle posizioni che sul tema emergono in seno al Parlamento e al Governo – concludono – tenendosi pronti, al caso, a ogni forma di mobilitazione.

(Via Stampa Romana)


Dal 3 settembre prende il via il nuovo Tg4 post Emilio Fede. Logo nuovo, studio nuovo, sigla nuova e direttore Giovanni Toti. Il telegiornale sarà arricchito anche dall'edizione delle 14 dove, spiega la nota di Mediaset - troveranno "ancora più spazio politica e economia nazionale e internazionale, cronaca e attualità".

Quanto allo studio l'azienda spiega:
"Lo studio di Milano Due del Tg4 è stato rinnovato con una scenografia dai toni neutri. Rivisitate anche la sigla e le grafiche che accompagnano servizi e collegamenti per coordinare l’immagine del notiziario con quella della Rete. Da lunedì le edizioni del Tg4 saranno, quindi, quattro: alle 11.30, alle 14, alle 18.55 e l’appuntamento in seconda serata con le night news che chiudono gli spazi quotidiani dedicati alle news di Retequattro".

Astenersi da battute del tipo: "sarà sicuramente bello, non può esistere un tg peggiore di quello di Fede"


Ieri il consiglio comunale di Civitavecchia ha approvato un regolamento sulle ripreseaudio-video durante le sedute di lavoro dell'assise cittadina.


1) tutte le sedute saranno seguite in diretta streaming, ma sarà eliminata la chat live e le riprese dovranno interessare soltanto i consiglieri comunali (niente panoramiche sul pubblico);
2) tutti i mass media dovranno presentare una richiesta al presidente del consiglio per poter effettuare riprese video (l'autorizzazione avrà valore per un anno) e lo stesso dovranno fare blog e cittadini;
3) saranno vietate riprese (con cellulari o altro) non autorizzate e i controlli saranno svolti dai vigili urbani.

Da un lato si sono apportate ulteriori modifiche per quanto riguarda la diretta streaming del Comune (privacy del pubblico con inquadrature solo su consiglieri e assessori, comunicazione della registrazione della seduta e abolizione dei commenti a margine della pagina della diretta) che con uno sforzo si possono pure comprendere. Dall'altro però questo slancio di trasparenza viene attutito da una serie di provvedimenti che sembrano voler porre degli argini a fenomeni inarrestabili come quelli di smartphon e tablet, social network e siti di condivisione dei video (uno su tutti: You Tube).

Si parte dal presupposto che chi si candida ad una carica pubblica (sul concetto di “pubblico” si possono avere delucidazioni su dizionari, magari cartacei vista l'allergia di alcuni politici alla rete...) lo faccia di sua spontanea volontà e sia consapevole che, una volta eletto, ciò che dice e fa nelle sedute pubbliche di un consiglio comunale sia sotto gli occhi di tutti.

Quello che preoccupa la politica è l'uso distorto che un singolo personaggio armato di telefonino possa fare dei video che realizza e diffonde sulla rete. Quindi si taglia la testa al toro e si tappano gli obiettivi dei dispositivi che non hanno avuto l'autorizzazione (della validità di un anno). Quindi se per entrare all'aula consigliare di Civitavecchia nessuno ti chiede un documento perché, essendo un luogo pubblico, non ce n'è bisogno, allo stesso tempo non puoi riprendere nulla se non chiedi il permesso al Comune.

Sfuggono, evidentemente, alcuni particolari. Primo fra tutti la responsabilità personale che un utente ha nel pubblicare determinati contenuti video. Semmai si fosse passato del tempo su You Tube, tanto per fare un esempio, si sarebbe notato che esiste la possibilità di segnalare il video come inappropriato. Tanto per essere di pubblica utilità è quel pulsante con la bandierina che si trova sotto i video. Ogni social network o sito di condivisione di contenuti lo ha. In caso di segnalazione, dopo controllo da parte di chi gestisce il sito, il video se davvero offensivo sarà cancellato e si rischia anche la cancellazione del profilo.

Senza dimenticare, poi, che è possibile anche presentare una denuncia presso le forze dell'ordine. E non si mettano in ballo i profili “fake” (cioè falsi) perché le forze dell'ordine hanno tutti i mezzi per risalire alla reale identità a meno che non ci si imbatta in un hacker fenomenale di cui a Civitavecchia fino ad ora non abbiamo avuto tracce.

Se poi si vuol essere pignoli andrebbe fatto notare che il fenomeno dei fake e delle offese per la politica civitavecchiese si è scatenato sotto campagna elettorale spesso fomentato da personaggi vicini proprio agli schieramenti in lizza per il Pincio.

L'idea di fondo che trasmette tutto questo è che si cerchi maldestramente di porre dei limiti ad un fenomeno tecnologico-sociale che passa (ed è già passato) sopra tutto e tutti. Un po' come tentare di fermare un fiume in piena costruendo argini con gli stuzzicadenti. 
 
Ora il discorso da Civitavecchia si può allargare perché di tentativi di questo tipo se ne contano anche altrove. Se un politico, nel 2012, non capisce che volente o nolente la sua reputazione e la sua immagine passano inevitabilmente anche attraverso il mare magnum dei social network e della rete in generale forse, semplicemente, non dovrebbe fare il politico...  

Se si pensa che la soluzione sia quella di bloccare la possibilità di milioni (perché di questi numeri stiamo parlando a livello italiano) di utenti di fare ciò che vogliono con video che ritraggono personaggi pubblici, in luoghi pubblici durante manifestazioni pubbliche significa partire col piede sbagliato. 

Il politico del 2012 monitora la sua immagine sul web, risponde e, se si sente infamato, reagisce nelle sedi opportune. Se ritiene tutto questo troppo faticoso c'è sempre l'opzione di cambiare mestiere...

Scrive Liquida Magazine che il Four Barrel Coffee di San Francisco ha iniziato, non si è ben capito se in modo serio o con una strategia di marketing, una battaglia contro la condivisione delle foto dell'annuncio che vedete sopra su Instagram. 
Dopo le lamentele del vicinato, i padroni del locale del quartiere di Caledonia hanno esposto un avviso che invitava la clientela a rispettare una serie di regole basilari. Tra queste la richiesta di non disturbare i vicini “con discussioni fastidiose e tipiche degli hipster come ad esempio “chi ti sei portato a letto ieri sera“”. Come era prevedibile, la foto dell’avviso ha riscosso grande successo su Instagram. Il che ha costretto i gestori del Four Barrell ad aggiungere un punto alla lista delle buone pratiche, quello di non postare l’avviso stesso su Instagram appunto.
Ecco, io l'ho pubblicata sul blog. Quindi non possono dirmi nulla...


Scrivere di internet è pericoloso. Soprattutto se non hai una conoscenza base di ciò di cui stai parlando. E capita, così, che anche firme importanti come Umberto Eco o Pier Luigi Battista possano addentrarsi in elucubrazioni sui pericoli che corrono sul web col risultato di scrivere, semplicemente, delle bufale.

Partiamo da Umberto Eco. Sull'Espresso ha affrontato il problema dell'overdose di informazione che si può trovare navigando della rete. Overdose che impedisce ai giovani, secondo lui, di selezionare le informazioni corrette. Fin qui si potrebbe anche concordare. Il problema, però, come ha fattonotare anche Ciro Pellegrino è che Eco porta ad esempio Nonciclopedia. Sito che tutti, anche i sassi tranne Eco, conoscono come versione satirica di Wikipedia

 

Scrive Pellegrino:
"Ecco. Dico io, ma quando manda i pezzi nessuno glieli rilegge? No perché anche un bambino sa che Nonciclopedia è universalmente riconosciuto come un sito di satira, di paradossi, scherzi. Insomma, un sito che le spara grosse. (…) A questo punto delle due l’una: o ha buttato lì la prima cosa che trovava, senza prendersi la briga di controllare o semplicemente la tesi fa acqua da così tante parti da sembrare un colabrodo".

Altro scivolone clamoroso è stato quello di Pierluigi Battista sul Corriere della Sera. Titolo dell'articolo: “Google spia i nostri agenti segreti, se la trasparenza non ha confini”. Sotto accusa Street View che – secondo Battista - “può agiatamente riprendere con le sue telecamere luoghi targhe di macchine e spostamenti all’interno di Forte Braschi sede di alcuni uffici dell’”Agenzia per le informazioni e la sicurezza esterna”.

Articolo smontato riga per riga da Massimo Mantellini che ha semplicemente fatto notare delle cose che tutti sanno.

“Street View come si puòfacilmente controllare non ha accesso a Forte Braschi, come a nessuna altra residenza privata, gli spostamenti di chiunque non possono essere seguiti (visto che le immagini sono fisse e vengono aggiornate ogni due o tre anni) le targhe delle auto parcheggiate e i volti dei passanti nelle strade limitrofe sono automaticamente oscurati da un software. Lo sanno tutti, tranne PG Battista e IlSecolo XIX”.
Su Internet si può scrivere di tutto, si può criticare e di materiale per farlo ne abbiamo fin troppo. Però per farlo bisogna prendersi la briga di conoscere il mondo di cui si sta parlando e controllare che le informazioni siano davvero esatte. In questi due casi sarebbero bastati dieci minuti per capire.


Scrive il Fatto Quotidiano che "il Tar del Lazio ha condannato il ministero dello Sviluppo Economico a pagare 1500 euro al giorno per le frequenze negate all'imprenditore Francesco di Stefano di Europa 7 finché non riuscirà a trasmettere dove e come promesso".

Ho parlato su questo blog già due volte e ad ogni nuova puntata la cifra che dobbiamo sborsare per il pasticcio combinato dal tandem Berlusconi-centrosinistra aumenta a dismisura

Scrive ancora Carlo Tecce:
A GOCCIA, che scarnifica, arriva l’ennesimo conto per i cittadini: Tribunale amministrativo del Lazio, sentenza del 31 luglio 2012, il ministero per lo Sviluppo economico dovrà versare 1.500 euro al giorno a Europa 7 fin quando non riesce a trasmettere dove e come promesso. E aspettate, tenete la calcolatrice pronta, entro dicembre saprete il rimborso (milionario) totale per una presa in giro che dura anni. Quando decisero con una mano di accontentare simbolicamente Europa 7, e di fregarla con l’altra, il ministero consegnò a Di Stefano una frequenze in digitale terrestre anziché tre. Una corsia d’emergenza dove non ci passava nemmeno una bicicletta, dunque l’imprenditore abruzzese chiese al governo di ampliare lo spettro di Europa 7 con quelle frequenze definite “integrative”.
IL MINISTRO ad interim che doveva sigillare la procedura si chiamava Silvio Berlusconi, e non vale nemmeno la pena citare che sia lo stesso proprietario di Mediaset, il padrone-politico che aveva soffocato in culla l’impresa di Di Stefano. Al Cavaliere seguì Paolo Romani che, annusando i rischi di un fallimento amministrativo, ordinò di sbloccare la pratica di Europa 7. Ma il ministero è lento, a volte sonnecchia, e nemmeno il Tar e il Consiglio di Stato riuscirono a smuoverlo: entro trenta giorni dovete sistemare la faccenda Europa 7, soltanto parole, non ascoltate. E così Di Stefano si è appellato di nuovo al Tar, e il tribunale laziale ha scritto un dispositivo asciutto e inequivocabile: “Dichiara ineseguita l’ordinanza […] Nomina commissario ad acta per l’esecuzione mediante gli adempimenti e con la decorrenza stabiliti in motivazione, l’attuale direttore dell’Ispettorato territoriale della Liguria del Ministero dello sviluppo economico – dipartimento per le comunicazioni, senza facoltà di sostituzione. […] fissa la penalità di mora in 1.500,00 per ogni giorno di ritardo, a partire dal termine indicato in motivazione”. Non soltanto una multa che ogni anno si ripete e non si ferma mai, anche un commissario al ministero per fare quello che fingevano di non poter fare.
In compenso abbiamo avuto l'onore di vedere Emilio Fede fino all'ultimo secondo che è stato in onda. 

Sono soddisfazioni.
Sul sito di Lsdi Carlo Gubitosa analizza numericamente la portata economica del contributo dei blogger al Fatto Quotidiano. 
Si tratta di una cifra che va dai 66.600 ai 666.000 euro (ogni riferimento a numeri diabolici è puramente casuale) che tradotta in euro pro/capite va dai 148 ai 1480 euro per ogni blogger. E questi numeri misurano “a spanne” il valore prodotto a colpi di tastiera da questi blogger, come contributo “in natura” al successo di una testata che non gode di finanziamenti pubblici o altre forme di sostegno, ma che può vantare degli ottimi risultati commerciali, segnalati da Wikipedia alla voce “Il Fatto Quotidiano”: “Il giornale ha chiuso in attivo – scrive Wikipedia – entrambi gli esercizi 2009 e 2010. Nel 2010 i ricavi e gli utili sono stati rispettivamente di 29,6 e di 5,8 milioni di euro”.
Non c'è bisogno di dire che i blogger non prendono un euro e vengono ripagati in "visibilità". Scelta anche loro, per carità, solo che con l'Huffington Post i collaboratori hanno dato vita ad una class action da 100 milioni di dollari

E vabbé. 

Resto dell'opinione che con la visibilità non ci si pagano le bollette...  


Sei un giornalista? Hai meno di 35 anni? Bene dal 21 al 23 settembre a Napoli c'è un evento che fa per te. Si tratta del Festival del Giornalismo Giovane – Youth Media Days.

Spiegano gli organizzatori:
La vivacità di questo settore, che impegna ogni giorno decine di migliaia di giovani giornalisti in tutta Italia, rappresenta una fucina di idee, talenti e spunti decisivi per il futuro del giornalismo in Italia. Ricollegandosi alla tradizione europea degli Youth Media Days, appuntamento annuale di tutte le Youth Press europee, Youth Press Italia favorisce la condivisione di approcci innovativi alla professione giornalistica con l’intento di comprendere come il settore si trasformi dal basso attraverso le esperienze di media giovani e giornalisti attivi in testate locali e nazionali.
Il Festival favorisce inoltre un confronto tra tutte le diverse realtà del settore e le istituzioni di categoria, per restituire in un appuntamento annuale la ricchezza di idee, visioni ed esperienze che costituisce il cuore dell’azione di Youth Press Italia a livello nazionale ed europeo.
Mettere i professionisti del futuro al centro del dibattito : è questo l’obiettivo al centro degli Youth Media Days che punta ad affrontare i temi più sentiti da chi opera nel settore (dalla lotta al precariato alle scuole di giornalismo, dai nuovi media al giornalismo d’inchiesta) mettendo in luce le esperienze di chi reagisce all’attuale momento di crisi con creatività e innovazione ma anche sollevando spunti e domande rivolte a nomi già affermati del giornalismo italiano.

Vuoi conoscere il programma completo? Clicca qui.
Vuoi seguirli su Facebook? Clicca qui.
Vuoi seguirli su Twitter? Clicca qui.

Segnalo con piacere questa iniziativa nella speranza che possa interessare parecchi di voi.

Manuel Ronzoni, fondatore di Ti Racconto una Fiaba:
Il progetto “Ti racconto una fiaba” ( www.tiraccontounafiaba.it ) è nato come sperimentazione per dare supporto tecnologico ad un genere letterario unico: la fiaba. L’idea è stata quella di offrire gli strumenti più avanzati per rendere efficaci l’invito alla lettura, lo sviluppo dei processi creativi e il mantenimento della tradizione di “raccontare la fiaba” con funzioni sociali, didattiche e di sviluppo. Il progetto è anche la dimostrazione della sostenibilità economica della gestione di una molteplicità di contenuti pur mantenendo assolutamente gratuito l’accesso e i servizi, segno di come la tecnologia possa essere supporto alla diffusione della cultura e della creatività!
Con grande passione, abbiamo superato i 500 autori che spontaneamente inviano le proprie fiabe, i 1.000 racconti pubblicati (costituiti da classici, fiabe degli utenti, audio e video), le 500.000 pagine viste al mese, e i 75.000 download con l’applicazione Android che è la più scaricata nel settore education di Google Play (a breve in rilascio l’applicazione iPhone/iPad).

Credo di non essere l'unico che quando ha letto le parole del premier Monti nell'intervista a Sette, in cui beatamente dice che per i 30-40enni di questo paese si possono "solo limitare i danni", abbia avuto un momento di sbandamento. Nessuna novità, per carità. Che a 30 anni suonati in questo paese l'idea di costruire un futuro decente fosse un privilegio lo sapevo già. Però detto da quello che, teoricamente, è stato chiamato e messo lì per rimettere le cose apposto un po' mi ha traumatizzato. 

E non sono l'unico. Già, perché a tempo di record è nato online il sito e il manifesto della Generazione Perduta. Un manifesto, che potete leggere qui e che potete firmare qui, che si fonda su cinque concetti base: rispettomeritoimpegnoprogetto e fiducia.

Dicono i fondatori: 

Generazione Perduta” non è un partito o un’associazione, né vuole diventarlo. Questo sito nasce per essere un punto d’incontro ove discutere e confrontarsi su come la generazione dei 30-40enni italiani può ritrovarsi e ritrovare il proprio ruolo nella società".

È possibile anche raccontare le vostre storie e non fate i timidi perché lo so che avete roba da dire. 


Come sostenere il sito?Lo spiegano loro:
  1. Firma il Manifesto della Generazione Perduta;
  2. Metti un “Mi piace” alla pagina Facebook ed aiutaci a far conoscere il più possibile l’iniziativa;
  3. Invita i tuoi amici a sottoscrivere il Manifesto. Se lo fai via Twitter, usa l’hashtag #generazioneperduta;
  4. Scrivi un articolo o un post su Generazione Perduta e segnalacelo a manifesto@generazioneperduta.it.



Che l'informazione online rappresenti il presente del giornalismo mondiale (anche se gli editori italiani sembrano non capirlo appieno) è un dato di fatto e non credo ci sia bisogno di aggiungere altro. Esistono però tre miti che hanno caratterizzato fin qui gran parte dei quotidiani italiani nazionali e locali sul web e che, secondo me, vanno smontati. Ci provo.

Essere i primi. Informazione sul web significa tempestività e capacità di aggiornare i lettori su un certo avvenimento sfruttando la disponibilità di tempo h24 che pone un sito in una posizione di estremo vantaggio rispetto agli altri mezzi di comunicazione. Però c'è un però. Come faceva notare anche Massimo Mantellini l'ossessione di essere primi può rivelarsi un'arma a doppio taglio. Quando la frenesia colpisce un giornalista i risultati possono essere disastrosi. Questo perché se lo spirito con cui affronti una notizia non è “verificare e poi pubblicare quando si è certi” bensì “devo buttarla dentro al sito prima degli altri” viene meno quello che dovrebbe essere l'essenza di questo mestiere ovvero: accertarsi che la fonte sia davvero affidabile onde evitare figure barbine. Questo perché la platea dei lettori di quotidiani online è spesso molto più attenta dei giornalisti che cercano di informarla. Il risultato di questo falso mito è la mole incalcolabile di bufale che quotidiani anche blasonati hanno contribuito a diffondere nel corso degli ultimi anni. Si perde di credibilità.

Click facile. Altro mito. L'esca per accaparrarsi maggiori visite ormai è una scusa che non regge più. Si trovano decine e decine di quotidiani che piazzano video e gallerie fotografiche di donne nude, animali e morti in diretta. Una mossa “paracula” (mi si passi il termine dialettale) basata sulla teoria: attiro lettori con roba “forte”, loro poi restano sul sito, le visite aumentano e posso attrarre maggiori sponsor. Falso. O meglio: vero che ancora oggi forse sesso e dramma continuano ad attrarre una certa parte dei lettori. Però riflettendo su questo argomento mi viene in mente una tattica adottata da alcuni quotidiani cartacei nella mia città (Civitavecchia). Quando nasce un giornale nuovo in genere lo vedi per il primo mese curare fino all'ossessione lo sport giovanile. Fin qui nulla di strano perché è comunque un settore che quotidiani più grandi (e con meno pagine) non riescono a seguire. La strategia dei primi giorni è però questa: prendo il fotografo, lo mando al campo, gli faccio fotografare tutti i bambini e l'allenatore. Il giorno dopo farò un paginone con 20 foto bambino per bambino. Questo perché i bambini hanno genitori, parenti e amici che saranno invogliati a comprare il giornale in edicola. Solo che al di là di quello specifico giorno questi lettori difficilmente torneranno a comprare quel giornale per leggere altre notizie.
Pongo quindi una domanda: è meglio accaparrarsi subito click puntando sulla popolarità del momento attraverso argomenti che esulano dai contenuti generali del sito o lavorare sulla medio-lunga distanza in modo che i lettori del quotidiano decidano di affidare parte della loro dieta informativa a te?

Copia-incolla. Questo è un fenomeno che, per tempi rapidi e pigrizia, riguarda tutti i giornalisti dei vari media. Sui siti, però, raggiunge l'apoteosi. Questo perché in molti (anche grandi gruppi editoriali) partono dai seguenti presupposti: “per fare un sito bastano poche persone” e “l'importante è buttare dentro roba in continuazione”. Questo succede anche nella stampa online locale dove si ragiona sempre di più pensando che basti ricevere i comunicati da comune, forze dell'ordine, partiti, associazioni e società sportive “ed è fatta”. Si butta tutto dentro controllando solo i refusi e vai col liscio. Lo spazio potenzialmente infinito di un sito, però, non deve annullare il sacrosanto diritto giornalistico alla selezione delle notizie. Anche qui pongo un quesito: se sei un quotidiano nuovo che si affaccia sul mercato cercando di rosicchiare lettori alla concorrenza che senso ha mettere un comunicato 30 secondi prima degli altri se poi la notizia sarà in fotocopia ovunque? Non ha più senso cercare di produrre contenuti originali o cercare di presentare quella notizia in un modo diverso, più “personalizzato” utilizzando le potenzialità che offre la multimedialità?



Molti di voi diranno “dov'è la novità?” oppure “di cosa ti stupisci?”. La Rai non gode di buona opinione ma quello che sto vedendo durante le Olimpiadi davvero mi lascia a bocca aperta. Rai 2 è il canale ufficiale dei Giochi. Bene, anche se si vedono ad intermittenza perché c'è anche la naturale programmazione (soprattutto il Tg2) che deve andare in onda. Durante il telegiornale capita che le gare vengano dirottate su Rai Sport 1.

A quel punto, in un paese normale e con una tv pubblica normale, si andrebbe sui due-dico-due canali sportivi del digitale terrestre (Rai Sport 1 e 2) perché almeno uno dovrebbe essere dedicato interamente alle Olimpiadi (anche repliche per carità). Ingenui. In questi giorni ho visto sui due canali sportivi della Rai andare in onda di tutto. Persino le repliche delle partite degli Europei di calcio.

Vero che evidentemente ci sono problemi di diritti televisivi.
Vero che anche altri sport hanno il diritto di andare in onda.

Però faccio una-domanda-una: Perché, invece delle repliche di altri sport, non si dedica almeno Rai Sport 1 interamente alle Olimpiadi? Con dirette, quando possibile, e tutte le repliche delle gare e delle interviste del giorno/i precedente/i?

Qualcuno mi ha detto “ma scusa vai su Sky che segue le Olimpiadi in modo spettacolare”. Vero. Però mentre il pagamento di Sky è una scelta, quello del canone Rai è obbligatorio. Per dire che, comunque, i miei soldi vengono spesi per seguire un evento importante come i Giochi di Londra in modo indecente.  

Presentare un libro sulla spiaggia è un'esperienza particolare. Non solo per la location, mare/sole ecc..., ma anche perché c'è la possibilità di incontrare persone giunte lì per ascoltarti ma anche altre che se ne stanno beate sul lettino e poi vedono due tizi (in questo caso io e Emanuele Rossi) seduti a un tavolo con microfono e aperitivo tutti intenti a parlare di un libro.

Come successo lo scorso anno anche in questa occasione devo dire grazie agli organizzatori de "L'aperitivo letterario". Allo stabilimento "Il Tritone" ci siamo divertiti tanto e come al solito il buon Rossi ha cercato di farmi licenziare dal giornale con domande sugli editori in Italia... Ma lo perdono perché poi mi ha invitato a casa sua per un pranzo cucinato da mamma Rossi che è stato qualcosa di fenomenale. Ovviamente grazie anche ad Etruriaintv per le riprese. Ci si vede l'anno prossimo? Chissà...