"Mi interesso di parecchie cose, e non sono entusiasta di nessuna. Indosso vestiti costosi. Fumo sigari Robert Burns. Bevo di preferenza Sherbrook Rye e ginger ale. Leggo molto senza metodo: cioè, ho un mio metodo, ma non è ortodosso. Non ho fretta. In breve, vivo la mia vita (l'ho vissuta, almeno, sin dal 1937) suppergiù nel modo in cui scrivo questo primo capitolo dell'Opera Galleggiante".

L'Opera Galleggiante - John Barth 
Non aggiungo altro.

Sul Post.it pubblicano una galleria fotografica delle immagini di Associated Press che hanno fatto la storia del fotogiornalismo. Alcune sono famosissime ma quella che pubblico non la ricordavo. Dalla didascalia si legge: "Un iracheno cerca di rassicurare suo figlio di quattro anni in un centro di raggruppamento di prigionieri di guerra vicino a Najaf, circa 160 chilometri a sud di Baghdad, in Iraq, 31 marzo 2003. (AP Photo/Jean-Marc Bouju)".

Ecco, la forza di un'immagine sta tutta qui. Puoi guardarla per la prima volta o vederla e rivederla in continuazione ma non smetterà mai di prenderti a pugni nello stomaco.
Sul blog l'ho raccontato già tempo fa. Nel 2010 con un racconto "Destinazione Terracina" sono arrivato secondo al concorso "Si Scrive Terracina" all'interno del Tbf. Da qualche settimana il racconto si trova in una raccolta che appena possibile vi dirò dove si può trovare. In più grazie agli organizzatori mi ritrovo per le mani il video della premiazione. 

Avevo qualche chilo in meno, ma tant'è. 





Me ne torno casa con le cerchie vuote e le pive nel sacco. Riemergo al mondo dopo settimane monocromatiche trascorse nel candido bianco di Google+. Ogni tanto, però, butto un occhio perché vista l'aria che tira possibile che lo chiudano al termine di questo post.

Wired.it ha raccontato la vicenda di Steve Yegge, punta di diamante di BigG, che proprio sul suo account di Google+ s'è lasciato sfuggire come giudichi sostanzialmente questo social network un'immane minchiata.

Google+ è l’esempio del nostro totale fallimento nel comprendere l’importanza delle piattaforme, dai piani alti del potere agli ultimi anelli della catena lavorativa. Nessuno di noi è stato in grado di capirlo. La regola d’oro delle piattaforme è che «Eat your own dog food» (un modo di dire delle società che significa usare i propri prodotti, ndr.). In questo senso, la piattaforma di Google+ è un tentativo patetico”. E ancora: “ Google+ è un progetto pensato senza lungimiranza, nato sull’errata convinzione che Facebook ha successo perché è un grande prodotto. Ma questo non è vero. Facebook ha successo perché si è saputo costruire attorno tutta una costellazione di prodotti”.

A dir la verità era un posto riservato alla "cerchia", termine dal retrogusto massonico con cui si indicano le varie categoirie in cui puoi dividere i tuoi contatti su Google+, dei dipendenti interni. Lui, invece, per errore l'ha postato all'universo mondo. Scusandosi prontamente il giorno dopo.
Ora, il fatto che uno dei cervelloni di Google sbagli a postare uno status su un social network che loro stessi hanno creato è un po' come vedere Carlo Cracco che brucia una frittata. Per carità, può succedere a chiunque, però kekkaiser.

Al di là di questo, però, non è che la mia esperienza a G+ sia degna di nota. M'iscrivo con curiosità e alla fine mi ritrovo circondato da un bianco paradisiaco che campeggia ovunque. Automaticamente mi gratto, non si sa mai. Il funzionamento sembra piuttosto simile a Facebook a parte la possibilità di vedere video insieme ad amici della cerchia. E poi c'è la cerchia, appunto. Vaghi per l'homepage e alla fine ti ritrovi di fronte a dei cerchi, roba claustrofobica e pure un po' inquetante. 
Li devi riempire con persone che conosci. "Ma dove cazzo stanno però?" ti domandi. Mica tutti gli amici hanno G+. Cerchi, scavi, domandi e alla fine ti ritrovi con sole tre testine in un cerchio. Altri sono vuoti mentre gli zebedèi cominciano a riempirsi e decidi che forse è meglio abbandonare il bianco per tornare al colore. 

Giudizio finale (potete farci quel che volete): potrebbe avere pure delle potenzialità ma non credo, a meno di un miracolo, che possa ripetere il successo di Facebook il cui merito principale è stato anche quello di avvicinare al concetto di social network persone di una fascia d'età che generalmente con il web avevano poca dimestichezza. E non è così scontato che si passi velocemente da un social all'altro. 

Ma io non sono Yegge. Quindi... 
  
Ciro Pellegrino fa giustamente notare la leggera incoerenza dell'Idv che, battendosi contro il precariato, cerca dieci stagisti aggratise. 

"Viene da chiedere se per certe formazioni politiche come Idv il precariato è una iattura o una opportunità. E infatti, lo stiamo chiedendo via web, facebook, twitter.
Non basta manifestare da indignati. Comunque sia spero di cuore che Idv chiarisca ufficialmente la sua posizione.

AGGIORNAMENTO (18.30) dopo una telefonata.
lo stage non è retribuito, prendono 10 persone perché le fanno lavorare a rotazione uno o due giorni a settimana full time, il percorso (lo ha chiamato così) sarebbe di due anni a step di 6 mesi ciascuno. alla fine dovrebbero rilasciare un attestato".

Update delle 10.16. Il Corriere.it sembra aver fatto un po' di chiarezza. A quanto pare l'Idv non sapeva nulla e quello che ha pubblicato l'annuncio (e ha anche risposto al telefono confermando tutto) sarà denunciato.
"Convegni? E quali? Si comincia a sentire odore di bufala. Le risposte date per telefono non ci convincono e proviamo a contattare il capo ufficio stampa nazionale del partito Fabiola Paterniti. «Non abbiamo mai avuto nel nostro ufficio stagisti, né li cerchiamo» spiega, e ci invita a chiamare la segreteria regionale del partito. Lo facciamo e l’ipotesi (della bufala) diventa certezza. «Non cerchiamo stagisti — precisa per telefono Vincenzo Maruccio, segretario regionale Lazio Idv — nè li abbiamo mai cercati. Abbiamo tutti i dipendenti in regola e non abbiamo mai fatto stage nè gratuiti nè a pagamento. È qualcuno che millanta di essere del partito e che si prenderà tutte le responsabilità del caso. Domani faremo formale denuncia». In serata arriva anche la nota ufficiale dell'Idv: «La segreteria regionale del Lazio comunica di non aver autorizzato nessuna iniziativa in tal senso, che va dunque considerata falsa e in ogni caso non riconducibile all'Italia dei Valori». Il caso (per ora) è chiuso".

Update 14.20. L'ufficio stampa nazionale dell'Idv ha inviato a Giornalettismo una nota nella quale fornisce ulteriori spiegazioni. Ecco uno stralcio. 
"La posizione offerta, che ha suscitato inadeguati e diffamatori attacchi al nostro staff, riguarda infatti gli uffici stampa personali del segretario romano dell’IdV Roberto Soldà e del vice segretario laziale Oscar Tortosa. Il riferimento al partito – cui peraltro non si fa cenno nella sua dimensione nazionale – è dunque legittimo, sebbene privo di qualsivoglia intento di coinvolgimento del partito stesso nel progetto in esame".



"Come va da queste parti? Pecorelle smarrite in vista? Ma figuriamoci. Cadaveri. L'ha mai vista lei una faccia riflessa in un cucchiaio? Il genere umano è tutto più o meno così, dopo mezzanotte".

"Di solito non mi esprimo, per il fondato timore che reagendo ad un'ingiustizia o a un'altra possano schiodare fuori anche a me argomentazioni non irreprensibili. La rabbia, si sa, produce metastasi. Certo, ho rispetto per quel bambino impavido che urla il re è nudo mentre tutta la folla inneggia al re. Ma attualmente la situazione è tale che in questo paese tutta la folla sta a strillare: il re è nudo! Perciò il bambino dovrebbe escogitare qualcosa di nuovo da urlare o caso mai dire che cosa ha da dire senza bisogno di alzare la voce. Perché c'è comunque un gran chiasso, non si sentono altro che strilli, scongiuri, spergiuri, trombe trombette e tamburi.
Quando non il sarcasmo corrosivo: ci si mette tutti alla gogna a vicenda. Personalmente ritengo che una critica pubblica dovrebbe contenere, diciamo, un venti per cento di ironia e beffa, un venti per cento di dolore, e un sessanta di volontà e rimedio". 

Amos Oz - Lo stesso mare 
Qualche volta succede che li ritrovi così, quasi per caso. Dico i racconti che uno scrive. Li tieni lì dopo averci magari faticato qualche notte e nemmeno li saluti più. Non si fa. E questo poi di racconto nel 2010 è arrivato in finale al Garfagnana in Giallo. Si intitola "La Nota Dolente" e ve lo potete leggere qui o scaricare. Basta che poi mi dite che ne pensate.


La Nota Dolente
La Stampa.it pubblica il testo inedito dell’ultima lezione di giornalismo tenuta da Indro Montanelli all’Università di Torino il 12 maggio del 1997. Vale la pena leggerla tutta ma alcuni passi, per chi ama questo mestiere, sono da brividi. Nel bene e nel male. 


"(...)Il giornalismo è stato la grande vocazione della mia vita. Vi confesso però che, sebbene abbia amato e continui ad amare questo mestiere, non posso consigliare a nessun giovane di intraprenderlo oggi, perché credo che il giornalismo sia ormai al capolinea. 
Dovrebbe trasformarsi completamente, in un senso che non so prevedere. Sono attaccato a dei ricordi e provengo da una certa scuola, e a quest’età mi è molto difficile pensare a qualcosa di diverso. Spero per voi che abbia luogo una trasformazione completa, che tenga conto dei fatti gravi accaduti nel tempo - tra cui molte colpe e deviazioni dei giornalisti -, dell’ingresso di tecnologie nuove, di tutto un ribaltamento del costume. Il giornalismo classico, dal quale non mi saprei mai distaccare, è impossibile che si possa adeguare. 
(...) Il pubblico è uno strano animale, sembra uno che capisce poco ma si ricorda, e se vi giocate la sua fiducia siete perduti. Questa fiducia bisogna conquistarsela seriamente e faticosamente, giorno per giorno. Questo non ci mette al riparo dall’errore, ma impone l’obbligo di denunziare noi stessi, quando ci accorgiamo dell’errore, e di chiedere scusa al lettore. Se volete fare questo mestiere, ricordatevelo bene. È un mestiere che richiede molta umiltà, molta, e il protagonismo è in contrasto con questa legge fondamentale. 
(...) noi siamo sempre pagati poco, questo mestiere non si fa per i soldi. Anzi, se incontrate un giornalista ricco, diffidatene. Il giornalismo non conduce alla ricchezza, può condurre al benessere, per carità. Io non mi lamento affatto, ho quanto mi basta e anche di più per campare bene. Ma il giornalista ricco è un giornalista che puzza perché si è servito del mestiere per raggiungere altri obiettivi. Un giornalista che si asservisce al mestiere - chiedendo scusa al procuratore Maddalena - lo fucilerei. (...)  Se volete fare questo mestiere, questo è l’impegno che dovete assolvere. Per farlo non c’è sofferenza che ve ne possa sconsigliare, e questo mestiere è bellissimo. Non conduce a niente ma è bellissimo. Il giornalismo si fa per il giornalismo, e per nessun’altra cosa.
Scrivereste di camorra per 2 euro a pezzo? Riuscireste a fare informazione con l'ultimo stipendio preso, se va bene, sei mesi prima? Pensereste mai che le pagine dei quotidiani che leggete o i servizi di radio e tv che ascoltate/vedete siano realizzati da chi non ha ferie pagate, non ha un contratto, non ha la possibilità nemmeno di prendersi un'influenza? E soprattutto lo sapete che più del 50% della produzione giornalistica di questo paese non è mica fatta dai Belpietro, Lerner o Santoro ma da precari, freelance e cococo? E succede ovunque: anche in quelle testate che per linea politica magari si fanno paladine del mondo del lavoro precario... Provateci a rispondere a queste domande e chiedetevi anche se a queste condizioni è possibile avere un'informazione con la schiena dritta. L'incontro che si è tenuto venerdì e sabato a Firenze e che ha portato all'approvazione della Carta di Firenze è servito anche a far conoscere ai cittadini la situazione dell'informazione italiana che non è solo una questione di Post-it gialli contro il Ddl intercettazioni.

Circa 400 giornalisti (tutti precari, sottopagati, collaboratori e freelance ecc...) si sono riuniti da ogni angolo d'Italia (Civitavecchia compresa) non solo per rendere pubbliche le loro situazioni, ma a anche per arrivare all'approvazione del documento che dovrà disciplinare forme di lealtà e collaborazione tra colleghi per porre un primo argine allo sfruttamento indiscriminato. QUI POTETE SCARICARE IL TESTO E QUI INVECE C'È IL DOCUMENTO POLITICO.



La Carta di Firenze – ha detto il presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino – è un documento importante, ma nodo di tutto sta nelle ultime righe: e cioè che la violazione della carta comporta l'avvio di un procedimento disciplinare davanti all'Ordine dei giornalisti. Ma non deve essere certo intesa come un'iniziativa punitiva nei confronti di capiservizio, caporedattori o direttori bensì come una garanzia proprio a loro tutela, lo strumento attraverso il quale difendere la dignità di tutti i giornalisti, precari e non, e quindi anche la loro e di tutti i colleghi”.

Tutto questo senza dimenticare che è stato presente anche l'onorevole Enzo Carra, relatore del disegno di legge sull’equo compenso nel mondo giornalistico. Per la prima volta tutti uniti, insomma, anche su un altro punto: gli editori che sfruttano non devono avere accesso ai fondi pubblici per l'editoria. In questo la legge potrebbe portare novità importanti.


Firenze, però, ha avuto anche il merito di portare all'attenzione dell'opinione pubblica una condizione di cui molti sono all'oscuro. E il motivo è facile comprenderlo: se tutte le testate sfruttano è difficile pensare che possano parlar male di se stesse... È un documento sicuramente perfettibile, ma è un primo passo, un punto d'inizio attraverso il quale l'esercito degli atipici dell'informazione ha certificato nero su bianco di essere un po' meno solo e soprattutto ha dimostrato di aver compreso che per uscir fuori da questo quadro nero, destinato a peggiorare, bisogna alzare la testa e mettersi in gioco in prima persona. Perché sperare nella “manna dal cielo” è un'utopia: non siamo così fortunati.

Anni fa si diceva che fare il giornalista fosse “sempre meglio che lavorare”. Come vedete i tempi cambiano. E in peggio. 


DIRETTA STREAMING
Domani e sabato a Firenze succede qualcosa, si spera, di importante. Con "Giornalismi e giornalisti: libera stampa, liberi tutti" si apre una due giorni di confronto per stilare una Carta deontologica che costringa i giornali a riconoscere un giusto compenso a freelance e collaboratori oggi costretti a lavorare quasi gratuitamente. 

Scrive il Fatto

Una ricerca dell'Ordine ha smascherato i "numeri della vergogna": anche i quotidiani che ricevono milioni di euro di contributi pubblici riconoscono cifre irrisorie per un articolo (...) Basta scorrere la tabella dei compensi che l’Ordine dei giornalisti ha raccolto nel 2010 in “Smascheriamo gli editori” per rendersene conto. Una ricerca svolta tra mille difficoltà che fotografa lo stato della stampa italiana e che l’Ordine dei Giornalisti ha poi trasmesso alle procure della Repubblica. Basta riportare i compensi pagati dai quotidiani che ricevono il finanziamento pubblico per comprendere perché sono stati definiti “i numeri della vergogna”. Solo qualche esempio. La Repubblica a fronte di 16.186.244,00 euro di contributi dello Stato all’editoria elargisce un compenso che varia tra i 30 e i 50 euro lordi a pezzo. Il Messaggero, che riceve 1.449.995,00 euro di contributi pubblici, riconosce 9 euro di compenso per le brevi, 18 euro le notizie medie e 27 euro le aperture. Lordi, ovviamente. Il Sole 24 Ore: 19.222.767,00 euro di contributi pubblici e 0,90 euro a riga, con cessione dei diritti d’autore. Libero: 5.451.451 di finanziamenti pubblici e 18 euro lordi per un’apertura. Il Nuovo Corriere di Firenze riceve 2.530.638,81 euro di contributi pubblici e versa un compenso a forfait tra i 50 e i 100 euro al mese. Ma i contratti mensili sono un’altra capitolo. Ci sono testate che prevedono un pagamento di 700-800 euro lordi al mese ma a una condizione: che il giornalista scriva un dato numero di articoli, se non raggiunge la quantità richiesta non viene pagato. E chi decide quanto deve scrivere? Il giornale, ovviamente.

La pagina dell'Ordine dei Giornalisti è questa: precariato.odg.it

Ho creato una finestra Twitter in cui potrete sapere cosa succede a Firenze: l'hashtag è #cartafi

Ci sarà anche una diretta live in streaming su www.intoscana.it



Se ne è andato Jobs, uno che a modo suo ha cambiato il mondo. E in meglio.
Quella che è andata in onda ieri sera su Presa Diretta è la verità su quello che succede nel nostro mondo, quello giornalistico. Per chi non l'avesse vista la consiglio, se ne parla per i primi 20 minuti. Guardatela, riflettete e capirete che dietro ai Santoro, ai Belpietro, ai Telese ecc... c'è una valanga di sfruttati che riempono le pagine che voi leggete. Da cittadini chiedete un'informazione con la schiena dritta ma vi faccio una domanda: la fareste un'inchiesta per 15 euro lorde a pezzo?


E visto che siamo in tema proseguo con la segnalazione di annunci di "lavoro" nel mondo giornalistico. 

Eccone uno de Il Foglio:

"Il Foglio cerca stagisti per il sito e per gli Esteri. Astenersi giornalisti"

• Il Foglio cerca aspiranti foglianti per il suo sito. Si richiede una buona conoscenza dell’inglese e possibilmente di altre lingue straniere e capacità di gestione di blog, di social network e siti internet (meglio ancora se con qualche conoscenza di programmazione informatica). Se pensi di essere la persona giusta, e vuoi metterti alla prova, inviaci il tuo curriculum entro domenica 2 ottobre (ma scrivici anche cosa ti piace fare, se sei appassionato di politica italiana, estera, economia, cultura… e cosa pensi che farai, non soltanto quello che hai fatto) a stage.sito@ilfoglio.it.
• Il Foglio cerca stagisti per la redazione Esteri. Si richiede familiarità con il Foglio e con i temi trattati, disponibilità a lunghi orari, buona conoscenza dell'italiano e dell'inglese. La conoscenza di Quark Xpress dà 10 punti in più. Inviare il curriculum entro domenica 2 ottobre a stage.esteri@ilfoglio.it.