La Carta di Firenze è realtà: i giornalisti dicono stop allo sfruttamento selvaggio

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Scrivereste di camorra per 2 euro a pezzo? Riuscireste a fare informazione con l'ultimo stipendio preso, se va bene, sei mesi prima? Pensereste mai che le pagine dei quotidiani che leggete o i servizi di radio e tv che ascoltate/vedete siano realizzati da chi non ha ferie pagate, non ha un contratto, non ha la possibilità nemmeno di prendersi un'influenza? E soprattutto lo sapete che più del 50% della produzione giornalistica di questo paese non è mica fatta dai Belpietro, Lerner o Santoro ma da precari, freelance e cococo? E succede ovunque: anche in quelle testate che per linea politica magari si fanno paladine del mondo del lavoro precario... Provateci a rispondere a queste domande e chiedetevi anche se a queste condizioni è possibile avere un'informazione con la schiena dritta. L'incontro che si è tenuto venerdì e sabato a Firenze e che ha portato all'approvazione della Carta di Firenze è servito anche a far conoscere ai cittadini la situazione dell'informazione italiana che non è solo una questione di Post-it gialli contro il Ddl intercettazioni.

Circa 400 giornalisti (tutti precari, sottopagati, collaboratori e freelance ecc...) si sono riuniti da ogni angolo d'Italia (Civitavecchia compresa) non solo per rendere pubbliche le loro situazioni, ma a anche per arrivare all'approvazione del documento che dovrà disciplinare forme di lealtà e collaborazione tra colleghi per porre un primo argine allo sfruttamento indiscriminato. QUI POTETE SCARICARE IL TESTO E QUI INVECE C'È IL DOCUMENTO POLITICO.



La Carta di Firenze – ha detto il presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino – è un documento importante, ma nodo di tutto sta nelle ultime righe: e cioè che la violazione della carta comporta l'avvio di un procedimento disciplinare davanti all'Ordine dei giornalisti. Ma non deve essere certo intesa come un'iniziativa punitiva nei confronti di capiservizio, caporedattori o direttori bensì come una garanzia proprio a loro tutela, lo strumento attraverso il quale difendere la dignità di tutti i giornalisti, precari e non, e quindi anche la loro e di tutti i colleghi”.

Tutto questo senza dimenticare che è stato presente anche l'onorevole Enzo Carra, relatore del disegno di legge sull’equo compenso nel mondo giornalistico. Per la prima volta tutti uniti, insomma, anche su un altro punto: gli editori che sfruttano non devono avere accesso ai fondi pubblici per l'editoria. In questo la legge potrebbe portare novità importanti.


Firenze, però, ha avuto anche il merito di portare all'attenzione dell'opinione pubblica una condizione di cui molti sono all'oscuro. E il motivo è facile comprenderlo: se tutte le testate sfruttano è difficile pensare che possano parlar male di se stesse... È un documento sicuramente perfettibile, ma è un primo passo, un punto d'inizio attraverso il quale l'esercito degli atipici dell'informazione ha certificato nero su bianco di essere un po' meno solo e soprattutto ha dimostrato di aver compreso che per uscir fuori da questo quadro nero, destinato a peggiorare, bisogna alzare la testa e mettersi in gioco in prima persona. Perché sperare nella “manna dal cielo” è un'utopia: non siamo così fortunati.

Anni fa si diceva che fare il giornalista fosse “sempre meglio che lavorare”. Come vedete i tempi cambiano. E in peggio. 


lunedì 10 ottobre 2011


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