"Se Steve Jobs fosse nato a Napoli" di Antonio Menna

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“Se Steve Jobs fosse nato a Napoli” è un libro che ti fa incazzare. Almeno è quello che è successo a me leggendolo. L'ho divorato nell'arco di due sere e la prima cosa che posso dire sul libro di Antonio Menna è che raramente mi è capitato di passare dal sorriso allo sdegno con così tanta velocità da una pagina all'altra. Nel suo romanzo (che è l'ampliamento di un post sul suo blog che lo ha reso famoso) Menna propone la trasposizione della nascita della Apple nei Quartieri Spagnoli di Napoli. Ci sono Stefano Lavori e Stefano Vozzini (alter ego italiani di Jobs e Wozniak), uno aiuta il padre con il banco al mercato e l'altro studia architettura e ha una mamma ansiogena.

Lavori è intelligente, ha voglia di fare ma non ha potuto studiare all'università perché di soldi non ce ne sono. L'intraprendenza non gli manca. Ha un suo progetto. Vuole creare un computer velocissimo, che non prende virus e non si impalla mai. Coinvolge l'amico nel sogno per il design e il marchio: “Q” come Quartieri.

Da qui nasce la via crucis di due giovani con una bella idea che, loro malgrado, si ritrovano di fronte a mille difficoltà burocratiche e fiscali e a personaggi di dubbia moralità che gli fanno capire ben presto che essere onesti non basta. Stefano e Stefano non vogliono cambiare e insistono finché non si imbatteranno in qualcosa più grande di loro.

Mentirei se dicessi che la storia raccontata da Antonio Menna non mi ha lasciato una profonda amarezza addosso. Ho letto i capitoli con un peso sullo stomaco per la rabbia suscitata da una vicenda del tutto verosimile. Non si commetta, però, l'errore di pensare che tutto quello che accade ai protagonisti potrebbe succedere solo perché sono napoletani. Al di là dei rapporti forzati con i capozona della camorra, per il resto tutto ciò che è narrato da Menna rappresenta in modo fedele le difficoltà che un giovane italiano ha nell'emergere. Quella inquietudine che si ha quando tutti intorno a te, pensando di fare il tuo bene, smorzano le tue ambizioni, i tuoi sogni perché “la situazione è quella che è ed è meglio tenersi stretto quel poco che si ha”. Ecco, più leggo e scrivo questa frase, più sento la rabbia (la “fevra”) montare.

Il libro di Menna è la storia di fantasia più vera che io abbia letto in questi ultimi anni e terminandolo capisci quanto sia condivisibile la frase del premio Nobel per l'economia Amartya Sen citata da Pino Aprile nella prefazione: “Un uomo è quel che le circostanze gli permettono di essere”.

Vero, ma mi fa incazzare lo stesso.            


sabato 4 febbraio 2012


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