ANTROPOLOGANDO – Coatto de che????

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Sono giovani, sono rampanti e, soprattutto, non hanno un cazzo da fare. Eccola la new generation di Civitavecchia (anche se a dirla tutta pure nelle altre città l’andazzo è quello): i baby coatti (coactus vialis).

Fino a metà degli anni ’90 il processo di incoattamento contagiava i giovani (prettamente maschi) dai 14 anni in su. Momento cruciale: l’arrivo del motorino, rigorosamente da truccare ma non per renderlo più veloce, bensì più rumoroso possibile. Una volta si volava su Aprilia SR, Booster (modello vecchio e nuovo) e Scarabeo. Oggi lo Scarabeo resta (prevalentemente per le ragazze) mentre tra i maschi spopola lo “scooterone” 125 o 150 cc.

Ma con l’avvento delle tecnologie (internet e soprattutto i cellulari), delle carriere da veline, dei tronisti e via dicendo, i primi segni di coattagine si possono rintracciare già in età puberale e in egual misura tra maschi e femmine.

La vita, per questi figli del 2000, trascorre tra i banchi di scuola ed il Viale, dove le opzioni sono due: girare dalle 16 fino alle 20,30 con il motorino, oppure stazionare comodi comodi presso i punti di ritrovo più gettonati: attualmente il Memo (per i “forestieri” ridente salagiochi all’aperto dove regnano l’eleganza e la raffinatezza). L’obiettivo, comunque, è sempre lo stesso ovvero farsi notare. Più giri, più ti fai notare. Più stai fermo ma in vista, più quelli/e che girano, ti notano. Ebbene si, cari lettori, la Civitavecchia giovane ruota tutta attorno ad un segmento di strada ed i meccanismi sociali sono gli stessi di un megaliceo.

La comunicazione si articola su due fronti:
1) quello meccanico: fatto di sms (tvukdb, a+ruxs ecc…) e di strombazzamenti ripetuti del clacson, a mo’ di vittoria dell’Italia ai Mondiali, ai quali seguono una serie urla di risposta;
2) quello vocale: fatto di richiami del tipo eeehhhaaaaa, aahhhhhoooooo, regaaaaa. Le relazioni affettuose vengono affrontate attraverso tipiche denominazioni come “ciò”, “amò”, mentre i discorsi vengono infarciti da un caratteristico suono: popo. Es. “Mo te do popo che ‘na bomata ‘n faccia” (cfr. CIVITAVECCHIA IS BURNING, Kamikazesurtirreno), “Mo m’hae popo ke rotto li cojoni”. E via dicendo.

Ma per farsi vedere, e per farsi riconoscere dai “simili”, occorre avere una divisa. E veniamo al capitolo abbigliamento. Il baby coatto, maschio o femmina che sia, ha uno stile new hardcore. Capelli rasati, piercing ovunque, tatuaggi, berretti e giubbotti possibilmente con impresso lo stemma dei Rotterdam Terror Corps (foto) di cui la maggior parte non sa nemmeno di cosa si tratti.

Certo, l’evoluzione nella moda c’è stata e dunque già dalla tenera età qualcuno cerca di assomigliare già ai Sigggnori (evoluzione del ceto baby coatto di cui ci occuperemo nella prossima puntata) ma, cosa volete farci, il berretto gnorante ha sempre il fascino…

lunedì 7 gennaio 2008


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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ecco chi scrive i testi ad Alberto Angela... Piero se li scrive da solo.

Anonimo ha detto...

Amara verità...