CALCIO, ITALIANE POVERE MALATE...

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di ANDREA BENEDETTI MICHELANGELI

Non vorrei farla più grande di quello che è, ma mi sembra fuori di dubbio che anche il calcio in Italia soffra li declino economico, sociale e culturale che attanaglia il Paese. Non c'è quindi da sorpendersi se le squadre inglesi in Champions League abbiano rifilato alle nostre un netto e frustrante 3-0. A parte il fatto che essendo romanista fatico a considerare la Juventus una squadra italiana e da un po' di tempo anche l'Inter di mister "lock" (catenaccio) Mourinho, ritengo però un po' troppo semplicistico affermare che la superiorità del football d'oltremanica sia così marcata. E non solo e non tanto per l'andamento delle tre eurosfide, assai più equilibrate di quanto non dica l'esito finale.


Gli inglesi, rispetto a noi, hanno almeno tre vantaggi di carattere economico, sociale e culturale: gli stadi di proprietà, che consentono loro ricchezze di gran lunga superiori; un approccio più sano allo sport e soprattutto all'evento sportivo, considerato prima un divertimento che una professione. Ne consegue quindi anche un atteggiamento giustamente più distaccato di fronte alle vittorie e alle sconfitte; una maggiore freddezza e serenità dell'ambiente - atleti, pubblico, media - nell'affrontare gli appuntamenti clou, vissuti più come una festa che come "la partita della vita", slogan che in Italia, nel pieno della stagione, viene usato per quasi tutte le squadre circa una volta a settimana. Differenze che quando si scende in campo hanno il loro peso e quasi sempre negli ultimi anni fanno pendere l'ago della bilancia dalla parte dei sudditi di sua maestà.

Guai però dipingere l'Inghilterra calcistica solo come un'isola felice. Perché non lo è. C'è infatti un altro dato che pesa, e non poco, sui fantastici risultati sportivi di club come Manchester, Liverpool, Chelsea e Arsenal. Tutti club che oltre a essere in mano a padroni stranieri (business man non certo tifosi, come è ancora prerogativa della maggior parte dei presidenti dei sodalizi italiani e che certo non guasta) hanno deficit paurosi. Molti dirigenti, in ogni parte del mondo, sarebbero capaci di costruire grandi squadre senza doversi poi preoccupare dei debiti. Certo, le società inglesi hanno comunque una grande solidità patrimoniale e possono contare su introiti da capogiro provenienti dal merchandising. Dunque in linea teorica possono far fronte al loro indebitamento cedendo le loro proprietà, ma è un fatto che questa possibilità di spendere e spandere a loro piacimento le rende più potenti delle nostre.

Ma se anche i nostri club - i più grandi e anche quelli a forte caratterizzazione locale come Roma, Napoli e Fiorentina - riusciranno presto ad avere un loro stadio di proprietà, a farlo funzionare sette giorni su sette, a utilizzarlo come veicolo economico e insieme come centro di educazione e di svago, beh allora anche i risultati del campo nei confronti delle più grandi società inglesi diventeranno molto meno netti di quanto sia da qualche anno a questa parte.

venerdì 13 marzo 2009


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1 commento:

Ale ha detto...

non credo sia solo una questione di stadi di proprietà..
quest'anno gli scontri sono stati intensi ed equilibrati..e non sempre meritavano le inglesi..
comunque è proprio vero..loro hanno un approccio al calcio differente dal nostro..