VAURO, ANNOZERO E GLI ACCIACCHI DELLA DEMOCRAZIA

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2 Comments

di ANDREA BENEDETTI MICHELANGELI*

Due premesse.
La prima: non ho visto la puntata di "Annozero" del 9 aprile sul terremoto. La seconda: non sono un estimatore di Michele Santoro. Detto questo, le polemiche che si sono scatenate intorno alla trasmissione, ma soprattutto le "punizioni" adottate dalla Rai in seguito alla tacite richieste dei politici (da Berlusconi e Fini in primis, ma anche da esponenti del Pd) fanno rabbrividire. L'Italia è sempre più nella morsa del pensiero unico. Guai criticare chi comanda, guai approfondire, guai uscire dal coro.

Ripeto, non ho visto "Annozero" e non posso quindi giudicare se la puntata fosse basata su tesi preconcette. Ma se anche fosse? A Santoro non si può davvero rimproverare l'opportunismo, almeno nella confezione dei suoi programmi (semmai ci sarebbe da dire qualcosa sul suo percorso di giornalista Rai-Mediaset-Rai e sull'elezione da parlamentare europeo rinnegata dopo un anno). Chi lo guarda sa come la pensa, sa che gli piace andare a stanare le cose storte (quello che tutti i buoni giornalisti, e ormai ce ne sono sempre di meno, dovrebbero fare), sa che può in alcuni casi eccedere proprio per il gusto di denunciare. E allora? Si può non sintonizzarsi sulla sua trasmissione. In alternativa si può canale e si troveranno subito un tg, un Vespa e tanti altri pronti a magnificare l'efficientismo del Presidente del consiglio, della Protezione civile e via discorrendo. Di più: si può restare a guardare Santoro e non essere d'accordo con lui, criticarlo, insultarlo, tirare una ciabatta contro il video scambiandolo per l'arbitro che ha fischiato un rigore contro la propria squadra del cuore. Ma censurarlo no! Possibile che non ci si renda conto che si va contro i propri interessi di cittadino se si approva tale misura?


Una provocazione: se per assurdo in Italia si fosse tutti d'accordo sull'eccezionalità del lavoro svolto dalla Protezione civile in Abruzzo, i giornalisti dovrebbero andare a cercare almeno una persona che la pensa diversamente.
Se non ledessi i principi fondanti dell'informazione (l'autenticità, sia pure attraverso la soggettività di ciascun cronista, di ciò che si racconta e delle opinioni che vengono riportate), azzarderei che se un oppositore non ci fosse lo si dovrebbe inventare. Una provocazione, appunto. Ma pensarla in modo diverso, discutere, accapigliarsi perfino, è, deve essere, il sale della democrazia. Se manca, vuol dire che quella democrazia è malata. Di più: si avvia a non essere più una democrazia. E quella italiana è a questo stadio, se non già oltre.


Un accenno, infine, sull'espulsione di Vauro dal programma.
Ancora peggio del richiamo a Santoro, ancora più preoccupante. Il vignettista, per definizione, deve graffiare i potenti, deve far ridere, ma anche far riflettere. Allora se fanno ridere (e lo fanno) le vignette sul Rutelli pigro sotto le coperte, non vedo perché non dovrebbero far riflettere quelle aspre sul terremoto. Una o più di una sono state di cattivo gusto? Addirittura offensive? Può darsi, può capitare. Ma fa parte del gioco. Al massimo (e non mi sembra questo il caso, perché mi sembra che ancora una volta Vauro si riferisse al malcostume del paese, non certo ai singoli colpiti dalla tragedia) gli si può chiedere di scusarsi. Mandarlo via significa solo cogliere la palla al balzo per eliminare una persona che dà fastidio. Dà fastidio perché fa riflettere. E quando accade questo, la democrazia non è gravemente malata: è moribonda.



* Andrea Benedetti Michelangeli è un giornalista professionista del Messaggero.

venerdì 17 aprile 2009


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2 commenti:

Unknown ha detto...

Osteggiare la verità non aiuta a chiarire le cause di una tragedia.

Ala della Fenice ha detto...

Andre', mi duole ammettere di essere completamente d'accordo con te...