JESSE OWENS: IL FULMINE NERO CHE UMILIÓ HITLER

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Parlare di Olimpiadi è come parlare della storia dell’umanità. No, non è un’esagerazione di uno sportofilo bensì un dato di fatto. Perché, si voglia o no, anche chi non ama lo sport finisce con l’osservare un evento che, sin dalle sue origini, si è intrecciato inevitabilmente con la storia politica e sociale dell’umanità. Spesso, forse anche troppo, i Giochi i sono trasformati in una cassa di risonanza, assumendo anche risvolti tragici, per la politica mondiale. Basti pensare alle sfide tra Urss e Usa, all’attacco terroristico palestinese di Monaco nel 1978.

Ci sono momenti, però, in cui alcuni personaggi hanno avuto la forza di infrangere e intaccare colossi ideologici come quello del nazismo. Ecco, allora, la storia di James “Cleveland” Owens, meglio conosciuto con il nome di Jesse (appellativo datogli da un insegnate di Cleveland che non riuscì a tradurre il suo slang).

Owens nasce il 12 settembre del 1913 a Oakville, in Alabama, ed è il settimo figlio di Mr. and Mrs. Henry and Emma Owens. Jesse capisce sin da subito che il suo talento per l’atletica è ben diverso da una semplice passione. Così, in breve tempo, raggiunge l’apice della carriera di un atleta arrivando alle Olimpiadi di Berlino del 1936.



Un momento e una città decisamente particolari visto che Owens si ritrova nella terra di Adolf Hitler, del Nazismo e, soprattutto, della teoria sulla superiorità della razza Ariana. Bene, Jesse gara dopo gara umilia gli atleti tedeschi vincendo, in successione, la medaglia d’oro nei 100 metri, nel salto in lungo, nei 200 metri e nella staffetta 4X100 metri.

Il quattro agosto, giorno della vittoria nel salto in lungo contro il tedesco Lutz Long, in tribuna c’è Adolf Hitler che assiste, insieme a tutta la platea, all’umiliazione dell’assurda teoria ariana ad opera di Owens al quale, racconta una leggenda, non avrebbe stretto la mano perché nero.

Lo stesso Jesse Owens, però, nella sua autobiografia (Jesse Owens Story) smentisce l’accaduto. Quel giorno, dopo essere salito sul podio del vincitore, passai davanti alla tribuna d'onore per rientrare negli spogliatoi. Il cancelliere tedesco mi guardò, si alzò in piedi e mi salutò con un cenno della mano. E io feci altrettanto. Penso che gli scrittori mostrarono del cattivo gusto nel criticare l'uomo del momento in Germania”.

Al di là dei miti o racconti vari, resta la straordinaria impresa sportiva, ma soprattutto civile, di quel fulmine che nel 1936 mise alla berlina il Terzo Reich.

In caso fossi interessato puoi trovare una lista di libri su Jesse Owens a questa pagina.


sabato 19 luglio 2008


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