Vergogna Olimpica

/
2 Comments
Le bugie – dice un vecchio adagio popolare – hanno le gambe corte. Soprattutto quando le racconta un Governo dalla mitraglietta facile.

Nell’anno in cui la Cina cerca di darsi una ripulita per farsi trovare linda e pinta allo scoccare delle Olimpiadi di Pechino 2008 ecco emergere il lato più nero di un paese travolto dalla crescita economica ma dalle perenni zone d’ombra.


E così ecco che in questi giorni la Cina offre il suo volto peggiore. Quello violento, dittatoriale. Vittime del momento, gli abitanti del Tibet con la capitale Lhasa insorta nei confronti di quella che non è stata un’annessione ma un’occupazione violenta in piena regola che dura ormai da 50 anni.


Per sapere cosa realmente sta succedendo non ci si può certo affidare alla tv nazionale cinese tutta intenta a far vedere come i cittadini ed i monaci cattivi si prodighino in atti di violenza nei confronti delle vetrine dei negozi.


Sul fatto che ci siano centinaia di morti e feriti, che persone disarmate vengano ammazzate sul posto e che altre addirittura vengano arse vive niente. Nemmeno una riga. Nemmeno una maledettissima riga. Per conoscere i fatti c’è bisogno di affidarsi ai blog, alle radio semiclandestine e ai pochi inviati (tra cui quello di Repubblica) che riescono a parlare eludendo la censura del governo cinese.


Ancora una volta è la rete che corre in aiuto della verità dei fatti. Meno male.



Qui di seguito, per chi volesse approfondirla o per chi non la conoscesse affatto, riporto la storia del Tibet (dall’occupazione della Cina ad oggi) tratta da Wikipedia.


Il tibet storico aveva una superficie quasi doppia rispetto a quella della regione autonoma locale. Con 3,8 milioni di chilometri quadrati di superficie, quanto l'Europa occidentale, il Tibet storico occupa un terzo della Repubblica popolare Cinese, ma i suoi sei milioni di abitanti sono appena lo 0,5 per cento dei cinesi. Questa immensa regione di montagne e altipiani ha sempre attirato gli appetiti dei vicini per la sua posizione strategica (fra Cina e India), perché controlla riserve d'acqua vitali per tutto il continente (lo Yangze, il Fiume Giallo, il Mekong, l'Indo, il Brahmaputra nascono qui), e giacimenti di minerali preziosi dall'oro all'uranio.

Le mire coloniali della Cina sul Tibet sono una costante nella storia, che non varia con i regimi politici: l'indipendenza del Tibet, i cui abitanti sono affini ai birmani e non parlano, pertanto, il cinese, e la cui capitale Lhasa non condivide affatto la storia delle altre città della Cina, non venne accettata dalla Cina repubblicana, che dopo il 1911 prese il posto della dinastia mancese (1644 - 1911), l'ultima delle dinastie imperiali. Il fondatore della repubblica nazionalista di Cina, Sun Yat Sen (1866 - 1925) non solo non ammise la secessione della Mongolia, del Tibet e del Tannu Tuva, ma si propose di riconquistare tutti i territori storicamente appartenuti alla Cina, vale a dire la Corea, il Viet Nam settentrionale, l'isola si Sakhalin, i territori settentrionali di India e Pakistan (l'India venne costretta a rinunciare ai monti Kun Lun ed alle Soda Plains nel 1962, ed il Pakistan ai contrafforti himalayani nel 1963), il Nepal, il Sikkim, il Bhutan, la regione del Wakkan (Afghanistan), la regione russa dei fiumi Ussuri ed Amur, le regioni settentrionali della Birmania e del Laos (i territori Shan), nonchè quelle orientali del Tagikistan, dell'Uzbekistan, del Turkmenistan, del Kazakhistan e del Kirghizistan. Il 13° Dalai Lama, predecessore dell'attuale, nel 1931 lanciò un ammonimento: "Dobbiamo essere pronti a difenderci altrimenti le nostre tradizioni spirituali e culturali saranno sradicate. Perfino i nomi dei Dalai e Panchen Lama saranno cancellati. I monasteri verranno saccheggiati e distrutti, monaci e monache uccisi o scacciati, diventeremo schiavi dei nostri conquistatori, ridotti a vagabondare senza speranza come mendicanti".


Nel periodo tra il 1918 ed il 1949 il caos dominava la Cina, con una guerra civile sanguinosa tra i nazionalisti del Guomindang (allora al potere) ed i comunisti di Mao Ze Dong (1893 - 1976), in concomitanza con l'aggressione nipponica del 1931 - 1945. La vittoria di Mao, nel 1949, e la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese il 1° Ottobre di quell'anno, fecero tornare alla ribalta la questione dei "Territori separati dalla madrepatria". Durante il discorso del 1° Ottobre, Mao citò, appunto, uno ad uno i territori che sarebbero stati ricondotti alla Cina: l'isola di Hainan (occupata tra il Marzo ed il Maggio del 1950), l'isola di Taiwan, le isole Pescadores, Spratley, Quemoy, Matsu, la regione indiana dell'Aksai Chin (Ladakh, conquistato nella guerra del 1962), la regione indiana del North East Frontier Agency (N.E.F.A., regione dell'alto corso del fiume Brahmaputra) ed, appunto il Tibet.


Già il 1º Gennaio 1950 Radio Pechino annunciò per il Tibet l'imminente "liberazione dal giogo dell'imperialismo britannico" (la limitata influenza britannica in realtà era finita con la Seconda guerra mondiale e l'indipendenza dell'India, nel 1947). Manipolati dagli emissari di Mao, il Dalai Lama e il Panchen Lama, allora adolescenti, accettano di firmare messaggi in cui chiedevano l'intervento della Cina per proteggere il Tibet da non meglio specificate "potenze straniere nemiche".


La Guerra di Corea, scoppiata all'alba di Domenica 25 Giugno 1950, e l'intervento americano a sostegno della Corea del Sud attaccata dalla comunista Corea del Nord di Kim Il Sung (1912 - 1994), dette alla Cina l'occasione sperata per poter occupare il Tibet. Distolta dai fatti di Corea, l'opinione pubblica mondiale venne colta di sorpresa allorchè Il 7 Ottobre 1950 quarantamila soldati dell'Esercito di liberazione popolare attraversarono il corso superiore dello Yangtze e dilagarono in tutto il Tibet occidentale uccidendo ottomila dei suoi soldati e senza praticamente incontrare resistenze di sorta. Una settimana dopo, venne eletto l'attuale Dalai Lama, Tenzin Gyatso (1935 - vivente), capo del governo tibetano e XIV Dalai Lama.


Nel 1950 l'Esercito di Liberazione Popolare entrò in Tibet frantumando l'esercito tibetano, quasi esclusivamente cerimoniale ed impedendo, di fatto, al Dalai Lama di governare. Il Tibet, membro fondatore dell'ONU e non allineato con alcuna superpotenza, divenne una preda facile. L'Europa trattò l'invasione come una questione interna cinese (del resto, allora, la Repubblica Popolare Cinese non era diplomaticamente riconosciuta dagli Stati Uniti e dall'Europa Occidentale)e l'America già duramente impegnata contro le truppe cinesi (i cinesi accorsero in aiuto alla Corea del Nord appena due settimane dopo aver invaso il Tibet, il 19 Ottobre 1950) a difendere la Corea, non osò sfidare Mao. Sadar Vallabhai Patel (1875 - 1950), il Vice Primo Ministro dell' India di allora così si espresse "La recente e amara vicenda (l' invasione cinese del Tibet) ci dice anche che il comunismo non è uno scudo contro l' imperialismo e che i comunisti sono buoni o cattivi imperialisti come tutti. Le ambizioni cinesi sotto questo aspetto non riguardano solo i fianchi Himalayani dalla nostra parte ma includono anche importanti parti dell' Assam. Hanno anche ambizioni sul Burma". Anche il Dr. Rama Manohar Lohia (1910 - 1967), leader comunista indiano, dopo aver fortemente condannato la violazione, così si espresse, "Il Governo Cinese invadendo il Tibet ha portato offesa non solo contro il senso morale internazionale, ma anche contro gli interessi dell' India: il Tibet rappresenta il palmo della mano ed ora la Cina vuole pure le dita, ovvero Nepal, Bhutan, Sikkim ed i territori indiani ad riente ed ad occidente della Linea McMahon" .


Ma, proteste a parte, negli annali delle Nazioni Unite, a quella data, l'unico Paese che sollevò la questione fu il Salvador. Inizialmente le truppe d'occupazione seguirono istruzioni astute per accattivarsi la popolazione locale: non si abbandonarono a saccheggi e violenze, corteggiarono il consenso della nobiltà e del clero buddista.


Il 17 Novembre 1950 il XIV° Dalai Lama (l'attuale Dalai Lama in esilio) assunse i pieni poteri spirituali e temporali come Capo dello Stato, nonostante avesse appena compiuto il sedicesimo anno.


Il 23 Maggio 1951 una delegazione tibetana, che era andata a Pechino per discutere sull' invasione fu obbligata a firmare il cosiddetto "Accordo dei 17 punti" sulle misure per una pacifica liberazione del Tibet sotto minaccia di un aumento di azioni militari in Tibet. Dopo di allora la Cina usò questo documento per attuare il suo piano di trasformare il Tibet in una colonia cinese senza tenere alcun conto della forte resistenza da parte del popolo Tibetano.


Il trattato del 1951 venne firmato non come un vero e proprio trattato di pace, ma come diktat sotto la pressione cinese. Il Tibet doveva rinunciare, tra l'altro, ad una politica estera autonoma, a batter moneta, a stampare francobolli. Poiché alcune riforme del nuovo governo, tra le quali quella di una redistribuzione delle terre, sarebbero risultate impopolari, queste vennero proposte solo nelle regioni più periferiche del Kham orientale e nell'Amdo.


Nel 1954 il Dalai Lama e il Panchen Lama invitati a Pechino, vennero da Mao e dagli altri leaders comunisti sedotti, e solo alla fine del loro soggiorno questi ultimi gettarono la maschera accusando il buddismo di essere un "veleno". Tornati in patria i due giovani leader religiosi scoprirono che lontano da Lhasa, nelle provincie di Amdo e Kham, le milizie comuniste avevano già cominciato a svuotare i monasteri ed a perseguitare il clero buddista. Repressione e arresti di massa scatenarono nel 1955 le prime fiammate di insurrezione armata, a cui partecipano i monaci buddisti. A quel punto, gli Stati Uniti, che avevano già combattuto direttamente contro i cinesi in Corea prese l'iniziativa, e la CIA venne incaricata di addestrare la resistenza tibetana. L'aiuto verrà interrotto un quindicennio dopo da Richard Nixon (1913 - 1994) e da Henry Kissinger (1923 - vivente), nel 1971 dopo il disgelo con la Cina al fine di trovare una via d'uscita alla Guerra del Viet Nam.


Nel 1956 i cinesi scatenarono una delle sue offensive più sanguinose, con 150.000 soldati e bombardamenti a tappeto.


Qui, nel 1959, con il supporto della CIA, venne organizzata una rivolta che venne stroncata provocando decine di migliaia di morti. Approffittando dei dissidi in seno al Partito comun ista cinese in seguito alla fallimentare tragica esperienza del Grande balzo in avanti, il 10 Marzo 1959, il movimento di resistenza tibetano, ormai esteso a tutto il paese, culminò con una sollevazione nazionale contro i Cinesi che la repressero con forza spietata. Migliaia di uomini, donne e bambini vennero massacrati nelle strade di Lhasa e in altri luoghi. Il 17 Marzo 1959 il Dalai Lama abbandonò Lhasa per cercare asilo politico in India. Egli fu seguito da oltre 80.000 profughi Tibetani. Mai prima nella loro lunga storia tanti Tibetani sono stati costretti a lasciare lo loro patria in circostanze così difficili. Oggi ci sono circa 130.000 profughi Tibetani dispersi in tutto il mondo. La sollevazione si stima abbia comportato una strage di almeno 65.000 persone.


Tenzin Gyatso (XIV Dalai Lama) e altri funzionari del governo si esiliarono a Dharamsala in India, ma sparuti gruppi di resistenza continuarono la lotta in patria fino al 1969. Più volte Zhou Enlai (1898 - 1976) chiese all'India l'estradizione del Dalai Lama.


Nel 1965 venne creata la Regione Autonoma del Tibet, in pratica l'intero paese venne annesso alla Cina de facto, come annunciò l'allora presidente della Repubblica Popolare, Liu Shaoqi (1898 - 1969).


Il biennio 1966 - 1968 fu tragico per il Tibet. Durante la Grande rivoluzione culturale, i cinesi organizzarono campagne di vandalismo contro monasteri e siti simbolo della cultura tibetana. Dal 1950 venne distrutta la quasi totalità dei monasteri, oltre 6.000, di cui molti secolari. Circa 1.200.000 tibetani vennero uccisi. Si tratta comunque di stime in quanto non furono diffusi rapporti ufficiali e i tibetani non erano in grado di potere verificare con esattezza il numero. Anche gli arrestati furono molte migliaia. Anche ad oggi si contano tibetani, soprattutto monaci e monache, nelle carceri cinesi per reati politici legati alla richiesta di indipendenza.


La nuova resistenza ha inizio nel 1977 e dura tuttora, dopo due dure repressioni, rispettivamente nel 1980 e nel 1989. Nel 1978, 1979, 1981, 1984 e 1991 la stampa mondiale si occupò del problema irrisolto tibetano.


Il Governo tibetano in esilio denuncia la volontà del Governo Cinese di cancellare definitivamente la cultura del Tibet con la repressione, da una parte, e con una propaganda martellante sui mass media e per le strade. Inoltre le scuole non possono insegnare il tibetano oltre ad una certa età, mentre rimane il cinese la lingua ufficiale.


Anche il Dalai Lama, in esilio, ormai non richiede più l'indipendenza del Tibet, ma una vera autodeterminazione che possa preservare ciò che è rimasto della sua cultura e che possa garantire ai tibetani i diritti umani fondamentali.


Dopo la morte di Mao, continua la resistenza attiva e passiva dei tibetani. Il nuovo leader cinese, Deng Xiaoping (1904 - 1997, promuove a partire dal 1983 massicci trasferimenti di cinesi in Tibet ed il trasferimento forzato s'incrementa dopo il fallimento dei colloqui segreti tra il governo cinese ed il Dalai Lama nel 1987). Pechino si rifiuta di riconoscere il Dalai Lama soprattutto dopo il conferimento del premio Nobel per la pace al Dalai Lama stesso.


La morte del Panchen Lama nel 1994 aggrava la tensione: al nuovo Panchen Lama di nomina buddista, la Cina ne nomina uno di sua fiducia.


L' XI° Panchen Lama Gedun Choekyi Nyima e tutta la sua famiglia sono da poco scomparsi dalla scena e si ritiene siano sotto arresto domiciliare in Cina pochi giorni dopo che egli era stato riconosciuto dal Dalai Lama (14 Maggio 1995) come la reincarnazione del X° Panchem Lama; questo fatto venne seguito dall' arresto di Chatral Rinpoche, l' abate del monastero di Tashi Lhunpo - la sede dei Panchen Lama. Lo stato ha interferito direttamente con la libertà religiosa dei singoli ed ha imposto un Panchen Lama fasullo nel Novembre 1995.

sabato 15 marzo 2008


Related Posts

2 commenti:

SCAI ha detto...

ottimo articolo. anche io l'ho trattato sul mio blog

Damiano Celestini ha detto...

Grazie per i complimenti!